martedì 24 giugno 2008

Fumo? No, grazie!

La legge sul divieto di fumo

Le leggi sul divieto di fumo in vigore nel nostro paese perseguono il fine primario di tutelare la salute dei non fumatori, estendendo il divieto di fumo a tutti i locali chiusi pubblici e privati aperti ad utenti o al pubblico (gli “utenti” sono, per esempio, i lavoratori dipendenti che prestano la loro attività lavorativa in suddetti locali). Il fumo di tabacco, infatti, è la più importante causa di morte prematura e prevenibile in Italia e rappresenta uno dei più gravi problemi di sanità pubblica a livello mondiale.

Il Ministero della Salute, in una circolare del 17 dicembre 2004, dà istruzioni dettagliate sull'attuazione delle norme in vigore (a. legge n. 584 dell'11 novembre 1975 (in Gazzetta Ufficiale 5 dicembre 1975, n. 322); b. direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 14 dicembre 1995 (in Gazzetta Ufficiale 15 gennaio 1996, n. 11); c. art. 52, comma 20, della legge n. 448 del 2001 (in Gazzetta Ufficiale 29 dicembre 2001, n. 301); d. art. 51 della legge 16 gennaio 2003, n. 3 (in Gazzetta Ufficiale 20 gennaio 2003, n. 15); e. accordo Stato-Regioni del 24 luglio 2003; f. decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 23 dicembre 2003 (in Gazzetta Ufficiale 29 dicembre 2003, n. 300); g. art. 19 del decreto-legge 9 novembre 2004, n. 266. )

Le responsabilità del rispetto del divieto gravano sui gestori degli esercizi, ed è previsto un inasprimento delle sanzioni amministrative per i trasgressori al divieto di fumo e per coloro cui spetta di curare l'osservanza del divieto, qualora non ottemperino al loro compito. Il responsabile della struttura (ovvero dipendente o collaboratore da lui incaricato), infatti, dovrà richiamare i trasgressori all'osservanza del divieto e curare che le infrazioni siano segnalate ai pubblici ufficiali ed agenti competenti a norma dell'art. 13 della legge 24 novembre 1981, n. 689.

E' inoltre obbligatoria l'apposizione di cartelli, come indicato nell'accordo stipulato in sede di Conferenza Stato-Regioni del 16 dicembre 2004. I gestori non sono tenuti soltanto alla materiale apposizione del cartello ma anche ad attuare interventi attivi di dissuasione nei confronti dei trasgressori. Le misure sanzionatorie, comprese tra un minimo di 200 e un massimo di 2000 euro, sono previste dall'art. 52, comma 20, della legge n. 448 del 28 dicembre 2001. Inoltre, qualora non siano osservati gli obblighi che ricadono sui gestori, il questore può sospendere, per un periodo da tre giorni a tre mesi, o revocare la licenza di esercizio del locale.

I dirigenti preposti alle strutture amministrative e di servizio di pubbliche ammi­nistrazioni, di aziende e di agenzie pubbliche e private individuano con atto formale i soggetti cui spetta vigilare sull'osservanza del divieto, accertare e contestare le infrazioni. Resta inteso che, ove non vi abbiano provveduto, spetta ad essi stessi esercitare tale attività.

Su richiesta di chiunque intenda far accertare infrazioni al divieto, nelle strutture pubbliche e private soggette al divieto di fumare, i soggetti incaricati della vigilanza, dell'accertamento e della contestazione delle infrazioni, oppure il personale dei corpi di polizia amministrativa locale, nonché le guardie giurate espressamente adibite a tale servizio, devono: vigilare sull'osservanza dell'applicazione del divieto; accertare le infrazioni, contestando immediatamente al trasgressore la violazione; redigere in triplice copia il verbale di contestazione; notificare il verbale immediatamente o a mezzo posta (entro novanta giorni dall'accertamento dell'infrazione), secondo la procedura prevista dalla legge 20 novembre 1982, n. 890. Le indicazioni finora espresse, ovviamente, non pregiudicano la possibilità degli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria, normalmente impegnati in altri compiti istituzionali di maggior rilievo, di svolgere tali attività di accertamento e di contestazione delle infrazioni di propria iniziativa ovvero nell'ambito dei servizi di cui sono incaricati, come previsto dall'art. 13, quarto comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689.

Indicazioni generali sul divieto di fumo

  1. Se in un locale dove è previsto il divieto questo non viene rispettato ci si può rivolgere all’addetto alla vigilanza (il cui nome deve essere indicato sul cartello di divieto) e chiedere il suo intervento. In caso di mancato intervento o di assenza della persona di riferimento si può chiedere l’intervento della polizia amministrativa locale (es. Vigili urbani) o di agenti e ufficiali di polizia giudiziaria (es. Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza, funzionario dei Dipartimenti di prevenzione delle ASL) o delle guardie giurate della struttura adibite all’incarico.

  2. Se il conduttore lascia che nel locale si fumi liberamente, il cittadino può segnalare le infrazioni al personale dei Corpi di Polizia Amministrativa locale, al Dipartimento di Prevenzione dell’Azienda Sanitaria Locale oppure ad ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria.

  3. Il divieto si applica anche negli uffici generalmente non aperti ad utenti esterni, come ad esempio il back office di una banca o la ragioneria di un'azienda sanitaria, in quanto ad essi accedono altri lavoratori che costituiscono l'utenza interna di tali uffici.

  4. Il divieto si applica in generale in tutti i locali chiusi dei luoghi di lavoro pubblici e privati, quindi anche nelle aziende di produzione. In alcune di esse il divieto di fumare è imposto anche dal tipo di lavorazione, quando c'è un rischio di incendio perché si lavora con materiale infiammabile.

  5. Il divieto si applica anche nei club privati o circoli privati in quanto il divieto di fumo è ispirato al principio della "tutela della salute dei non fumatori" nella prospettiva generale di salvaguardia della salute pubblica. Infatti vi è l'indubbia esigenza di garantire negli stessi locali la tutela della salute dei soci e degli utenti non fumatori, nella cui accezione devono essere compresi anche i soggetti "utenti" dei locali e delle attrezzature in quanto ivi prestano la propria attività lavorativa. Tuttavia anche i circoli privati hanno la facoltà di attrezzare locali riservati ai fumatori, conformi ai requisiti stabiliti dal DPCM del 23 dicembre 2003.

  6. Il divieto si applica a tutti i locali delle scuole, anche alla sala degli insegnanti.
    Il divieto di fumo, infatti, trova applicazione in tutti i locali chiusi, pubblici e privati aperti ad utenti o al pubblico.

  7. Negli alberghi, pensioni, ecc, il divieto si applica in tutti gli spazi comuni (reception, bar, sale da pranzo, salotti, ecc.). Le camere possono essere assimilate alle private abitazioni, ma possono essere previste camere per fumatori e per non fumatori secondo le preferenze dei clienti.

  8. Il divieto si applica in tutti gli spazi comuni chiusi dei condomini, come le scale, l'ascensore, ecc. Solo le private abitazioni ed i luoghi all'aperto sono esenti dal divieto.

  9. Si può fumare in tutti i luoghi all’aria aperta compresi terrazzi e portici. In presenza di vicinato è però buona regola verificare che il fumo non si diffonda verso spazi di terzi, o penetri all’interno di locali in cui vige il divieto.

Considerazioni personali

La legge sul divieto di fumo è stata promulgata per tutelare la salute del cittadino non fumatore. Il fumatore ha sì diritto di fumare, ma solo nella proprietà privata, se non reca fastidio o danno ad altra persona che non sé stessa. I “fumatori accaniti”, invece, troppo spesso reclamano il loro “diritto di fumare”, e la loro libertà di farlo, senza pensare alle conseguenze sul prossimo. Molti fumatori, infatti, cercano di “rispettare la legge” fumando nello stipite o appena al di fuori di una porta o di una finestra aperta di un qualsiasi locale nel quale vige il divieto, non rendendosi conto che così facendo il fumo, per logica legge fisica, si propaga più all'interno del locale stesso che non all'esterno.

Nel Supercinema di Chieti, ad esempio, vige l'”usanza” di approfittare dell'interruzione della rappresentazione per andare a “fumare fuori”. I fumatori rimangono sotto il porticato davanti alla porta, che spesso, essendo automatica, alla presenza delle persone rimane aperta, e il fumo matematicamente rientra tutto all'interno dei locali, per lo sbalzo termico che si crea tra l'interno e l'esterno. In un attimo la sala si riempie di fumo, ma è molto difficile far capire alle persone che in questo modo la salute dei non fumatori non viene tutelata, “nel pieno rispetto della legge”.

La stessa cosa accade in molti locali aperti al pubblico, ed in innumerevoli uffici privati. L'impiegato fumatore pensa di aver diritto di fumare all'interno della propria stanza, suo personale luogo di lavoro, ma il cittadino che vi si deve recare per un qualsiasi motivo è costretto, suo malgrado, a respirare il fumo passivo. Ciò è capitato a me personalmente più volte negli uffici dell'urbanistica di Chieti, e nel Comune, oltre che naturalmente negli uffici e studi privati.

Nel Comune la stessa “usanza” di fumare “dietro la porta” avviene puntualmente durante i Consigli Comunali, nei quali è ormai consuetudine consolidata fumare nei corridoi adiacenti alla sala, e nell'antibagno, magari con le finestre aperte. Tenere le finestre aperte non risolve certo il problema, anzi, a volte purtroppo lo amplifica.

I fumatori sono esortati a riflettere sul fatto che la loro “libertà” di fumare va a ledere la “libertà” del vicino di non respirare il fumo passivo, oltre a non rispettare il principio fondamentale della legge contro il fumo.

Si pregano i signori fumatori di tenere conto di questa realtà, ...forse “non ci avevano pensato”...

M.M.

2 commenti:

Unknown ha detto...

hai ragione, prendi i luoghi come il comune per esempio od altri luoghi pubblici, le regole non vengono rispettate, non c'è controllo!!
In Italia è così, ognuno ha le proprie regole.

Laura Raffaeli ha detto...

si hai ragione, ma è già tanto che in italia abbiamo proibito il fumo nei locali pubblici e chiusi.
per la mortalità aggiungo però anche l'acool, che non solo aumenta di mese in mese le morti per tumore al fegato, ma non affronto le stragi sulle strade, quindi bisognerebbe capire che in un paese come il nostro è inutile impuntarsi quando finalmente è stato fatto un passo avanti così (la famosa campagna antifumo che ci costa non poco, etichette sui pacchetti "il fumo provoca il cancro" ecc. le paghiamo noi) e per la quale sono d'accordo seppur fumatrice, penso però che non ci si deve illudere di dati che sono confusi, semmai approfondire le vere mortalità che non sono per il fumo, meno dannoso di polveri sottili, uranio impoverito che è arrivato da noi, ecc.
dovrebbero fare la stessa campagna anche per l'acool, che invece è libero e accessibile a tutti (un tavernello è una dose economica, perché l'acool è tra le droghe pesanti) ma..
siccome siamo i maggiori produttori non lo diranno mai e molti italiani si spaventano per una sigaretta, da fumare magari perché giovanissimi continuano a morire per la mancanza di applicazione delle leggi, della sicurezza stradale e dei controlli, ma anche di leggi giuste che ancora non ci sono.
muoiono più pedoni ogni anno che fumatori, volevo dire questo, anche se non gliene frega niente a nessuno, ciao laura

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